Il Cagliari campione d’Italia

Sono passati oltre quarant’anni dal primo e unico scudetto vinto dal Cagliari, campionato 1969/70, ma nelle case di molti sardi la foto di Gigi Riva, anzi “Gigirriva”, cannoniere e simbolo di quella squadra, fa ancora bella mostra di sé, come l’immagine di un santo.

In effetti, quello scudetto fu un autentico miracolo: da quasi cinquant’anni il tricolore era cucito sulla maglietta delle squadre delle grandi città: Juventus e Torino, Milan e Inter, Genoa e Bologna, tutte squadre del nord, cui si erano aggiunte in due occasioni la Fiorentina e una volta la Roma. Nessuna squadra meridionale aveva mai vinto uno scudetto, e le ultime “provinciali” ad aggiudicarsi il tricolore erano state Novese e Pro Vercelli, nel 1922, l’anno della scissione del campionato in due distinti tornei.

Insomma, da ormai mezzo secolo una “piccola” non riusciva a fare suo lo scudetto e, dopo il trionfo del Cagliari, come vedremo, ci sarebbe riuscito solo l’Hellas Verona. Forse è per questo che, da tifoso di una piccola squadra di provincia, lo scudetto del Cagliari e di Gigi Riva è un po’ anche il mio scudetto.

Gli anni ’60 avevano visto il dominio delle due squadre milanesi. Il Milan, guidato dal “Paròn” Nereo Rocco, poi l’Inter del presidente Angelo Moratti, con il “Mago” Helenio Herrera in panchina, avevano fatto man bassa di scudetti e coppe internazionali. Alla fine del decennio, però, il ciclo delle milanesi pareva esaurito, e nuovi protagonisti si affacciavano alla vetta della classifica. Se nel campionato 1967/68 si era imposta la pluriscudettata Juventus, l’anno seguente la vittoria era andata alla Fiorentina, che aveva preceduto di quattro punti proprio il Cagliari.

L’anno seguente il duello si ripetè. Parte forte la Fiorentina, ma alla quinta giornata i viola sono sconfitti in casa dal Cagliari, che conquista la vetta, tenendola fino al termine del campionato, tallonata dai campioni uscenti e infine dalla Juventus, che riduce il distacco fino a un solo punto. “La Juve è a un punto? Bene, con un punto in più, se il regolamento non cambia, lo scudetto lo vincerà il Cagliari”, dichiara l’allenatore Scopigno, non per niente noto come come “il filosofo”. Quando il Cagliari pareggia a Torino, in uno stadio gremito di sardi giunti dall’isola e da ogni parte d’Europa, i bianconeri mollano e per il Cagliari è l’apoteosi. Quarantasei punti sui sessanta disponibili (la vittoria vale ancora due punti), quarantadue goal fatti e solo undici subiti: un record. In porta il nazionale Albertosi, in difesa altri due azzurri, Nicolai e Cera, all’ala destra Domenghini, alla mezz’ala il brasiliano Nenè, ma lo scudetto è di Gigi Riva, numero 11 sulle spalle, punto fermo della nazionale, che per la terza volta in carriera si laurea capocannoniere, con ventuno reti all’attivo.

A quell’epoca, Riva aveva già meritato l’appellativo con cui ancora oggi è conosciuto: Rombo di Tuono. Un soprannome che si deve, come molti altri dei calciatori di quell’epoca, a Gianni Brera, scrittore e giornalista sportivo (ricordate?).

Centosettanta goal con la maglia del Cagliari, trentacinque – in quarantadue partite – con quella della nazionale, record ancora imbattuto. Due reti sintetizzano, meglio di altre, quello straordinario mix di tecnica e di potenza che è stato Riva. Il primo, segnato in campionato contro il Lanerossi Vicenza, è una magnifica rovesciata acrobatica, da manuale del calcio: cross dalla sinistra di Gori, assist di testa di Domenghini, a centro area, all’altezza del dischetto, Riva si eleva e con il sinistro, in giravolta, spedisce la palla sotto la traversa. Il secondo è quello, più famoso, segnato con la maglia azzurra ai Mondiali di Messico ’70, nella epica semifinale contro la Germania, quella dei tempi supplementari e del 4 a 3: il risultato è ancora di 2 a 2, Domenghini crossa da sinistra, Riva riceve al limite dell’aria, di sinistro dribbla l’avversario, e sempre di sinistro lascia partire un rasoterra che con precisione chirurgica si insacca a fil di palo.

Gigi Riva giocherà con il Cagliari fino al termine della carriera, terminata prematuramente nel ’76, all’età di 31 anni, a causa dell’ennesimo grave infortunio. Più volte sul punto di passare agli squadroni del nord, rifiuterà sempre di vestire una maglia diversa da quella rossoblu, l’unica indossata in carriera in serie A. L’amore con la Sardegna continua: Riva vive tuttora a Cagliari, dove i suoi tifosi vecchi e nuovi – mi dice Pierpaola – hanno la possibilità di assistere al miracolo di un santo che, vivo e vegeto, passeggia per le strade della loro città, stringendo mani, firmando autografi e calciando di sinistro.

 

Risorse web

La rete contro il Vicenza, al minuto 3:10

La rete alla Germania, al minuto 4:25 >

Una bella intervista d’epoca >