Il fenomeno del “libro come merce”? Una pratica antica
L’industria libro – Accusate di pensare solo al profitto e non all’educazione e alla creatività dei più piccoli, quando si parla dei bambini sembra che le case editrici siano solo delle grandi industrie interessate al mercato che cercano di trasformare i ragazzi in grandi consumatori per ricavarne profitti. Qualche esempio: la Scholastic (casa editrice americana) ha creato riviste e club letterari che sollecitano i ragazzi a comprare i loro libri, come la serie dei Goosebumps (da noi conosciuta con il nome di Piccoli brividi). La Bloomsbury (casa editrice inglese) che ha venduto i diritti del suo prezioso Harry Potter alla Warner Bros per 500.000 dollari, anche se non è solo la Warner a girare attorno al maghetto, ma anche la Mattel, la Lego ed EA, che si occupa del videogioco della saga.
Le librerie – Così anche le librerie, sia quelle specializzate che le grandi catene che offrono al loro interno ampi spazi dedicati all’infanzia, affiancano molto spesso alla vendita dei libri quella di giocattoli, di puzzle, di dvd. In questi ambienti a lui dedicati il bambino ha anche la possibilità di giocare o leggere. Molto spesso si organizzano anche dei laboratori per attirare i bambini in libreria ma, chissà, forse non c’è nulla di male se tra un laboratorio o un gioco e l’altro il bambino decida di acquistare anche un libro. Tanto più che viviamo in una società in cui il bambino dedica nell’arco di una settimana 29 minuti alla lettura contro le 15 ore che passa davanti alla televisione.
Una vecchia storia – Una pratica nuova? Non proprio, addirittura risalente al 1750, quando il primo libraio per ragazzi John Newbery nonché primo editore dei libri per l’infanzia pubblicizzava i suoi farmaci nei libri che pubblicava. Altro personaggio redditizio nella storia della letteratura, e qui parliamo di un’avventura che inizia nel lontano 1926, è Winnie the Pooh che porta la firma dello scrittore A. Milne. Il primo racconto della serie dell’orsetto fu scritto e pubblicato sul London Evening News. Le storie, ispirate dai giocattoli del figlio dell’autore, furono poi raccolte in un romanzo: Winnie the Pooh. Nel 1929 Milne vendette i suoi diritti a Stephen Sleinger che proiettò il personaggio sulla strada del merchandising, ma dopo la sua morte i diritti furono ceduti alla Walt Disney Company che ne fece un’icona della letteratura per l’infanzia. Sicuramente essendosi ampliato il mercato e avendo acquisito il bambino maggiore autonomia, ci siamo un tantino più allargati rispetto all’idea originaria del 1750.
Come abbiamo visto, ci sono casi in cui il libro se ottiene successo esce dall’universo di carta per esplorarne di nuovi. Questo fenomeno è conseguenza di strategie di marketing predisposte per orientare il consumo, ma rappresenta anche un’opportunità per incrementare il numero dei lettori e favorire la lettura.