Decima puntata: La trovarono svenuta su una foglia…
La decima puntata dell’eco-fiaba del Macaone.
La trovarono svenuta su una foglia di un ramo alto di un albero proprio al centro del territorio del formicaio. Quando riprese conoscenza intorno a lei si erano accalcate centinaia di formiche che le facevano tante domande a raffica. “Sono FantAvio 523563441323, vale a dire la quinta Sestigliera della seconda Sestiglia del terzo Manipolo della quinta Squadra del sesto Plotone del terzo Reparto della quarta Coorte della quarta Legione del primo Battaglione della terza Divisione del secondo Esercito della terza
Armata di Fanteria Aviotrasportata – disse con un filo di voce – e torno da un posto dove ho visto cose sconvolgenti!”
Allora la portarono nel formicaio e la affidarono alle cure delle Nutrici-Infermiere e convocarono un’Assemblea Generale di tutto il formicaio per ascoltare il racconto di FantAvio 523563441323, subito soprannominata Ritrovata.
“Ero imbarcata con la mia Sestiglia su una libellula da trasporto e stavamo andando verso ovest quando una squadriglia di zanzare d’assalto del formicaio nemico ci ha assalito e ci ha spinto verso in Mare Infinito. Non potendo tornare indietro, se no saremmo cadute nella loro trappola e catturate, abbiamo continuato ad andare avanti, con l’idea di fare un giro più largo e tornare verso riva più a nord, ma non ci siamo rese conto di quanto stavamo avanzando finché, ad un certo punto, abbiamo visto la terra e abbiamo pensato di essere tornate a casa. Ma quando ci siamo avvicinate e abbiamo volato basso per cercare di ritrovare qualche punto di riferimento conosciuto, ci siamo rese conto che quella non era la nostra terra, ma un mondo sconosciuto. Siamo andate avanti osservando le piante e gli animali che si vedevano. Mentre stavamo sorvolando un cespuglio, dalla bocca di un mostruoso, enorme animale, verde come le foglie del cespuglio, è scattata una lingua, lunga e appiccicosa, che ha catturato la nostra libellula e, in un attimo, l’ha trascinata nella bocca. Anche le Sestigliere che erano attaccate alla coda della libellula sono state inghiottite dal mostro ed io sola mi sono salvata perché all’ultimo momento ho mollato la presa e mi sono lasciata cadere a terra. Per fortuna il terreno era ricoperto di muschio, così non mi sono fatta niente. Rimasta sola, ho continuato l’esplorazione di quel mondo sconosciuto, cercando di muovermi il più possibile di nascosto. Dopo un lungo cammino sono salita su un albero per vedere di orientarmi e da lì ho visto in mezzo ad una radura l’Angelo Sterminatore che stava tranquillamente beccando dei semi sul terreno. Era rosso e giallo proprio come quello che venne a fare strage di noi quando accogliemmo gli infedeli affamati. Mentre lo osservavo meravigliata, ecco che dal cielo è piombato giù come un fulmine un altro Angelo Sterminatore, ma di colore scuro, che ha assalito il primo Angelo e l’ha ucciso. Poi l’ha afferrato con i suoi potentissimi artigli e se l’è portato via in volo!
In quel mondo ci sono mostri giganteschi, tanto grandi che nessuno riesce ad immaginarselo, che camminano con quattro zampe e non con sei. Ci sono anche formiche che assomigliano a noi, ma non sanno parlare e neanche pensare. Gli alberi e le erbe, invece, sono come le nostre.
Cammina cammina, a un certo punto mi sono ritrovata su una superficie liscia liscia, una specie di foglia larghissima, di forma quadrata, stesa
sopra due lunghissime canne legate a forma di croce. Era come una grossissima ala di farfalla. Ero lì che stavo studiando questa strana foglia
quando ho sentito rimbombare il terreno sotto i passi di due giganti, i più grandi che avessi mai visto. Erano diversi dagli altri giganti perché, pur
avendo quattro zampe, camminavano solo su due e le altre le adoperavano per afferrare gli oggetti, come facciamo noi con le nostre mandibole.
Hanno preso la foglia su cui ero salita e l’hanno sollevata da terra fin quasi alla loro altezza. Poi hanno cominciato ad emettere dei suoni fortissimi,
dei tuoni terribili, a turno, prima uno poi l’altro. A me è sembrato che stessero parlando tra loro, come facciamo noi formiche. A un certo punto
hanno preso un filo che era legato sotto l’ala di tela e di cui non mi ero ancora accorta e hanno cominciato a correre. Questo filo era come il filo di
una ragnatela, ma molto, molto più grosso; grosso come tre Sestiglie di formiche strette strette. La foglia o quello che era, sospinta dal vento ma
trattenuta dal filo, ha cominciato a salire, a salire, a salire, in alto in alto nel cielo. Io all’inizio stavo con gli occhi chiusi per lo spavento, ma a un
certo punto gli ho aperti e ho visto uno spettacolo incredibile. Volavo talmente alto che ho visto tutto il nostro Mondo circondato dal Mare
Infinito. Ma il Mare Infinito è a sua volta circondato da una Terra Infinita dove i giganti su due zampe correvano tenendo un capo della corda a cui
era legata la foglia su cui stavo. Ho visto la radura dove era stato ucciso l’Angelo Sterminatore e, su un cespuglio vicino alla riva, anche il mostro
dalla lingua prensile che aveva mangiato i miei compagni e la libellula.
Quando mi sono accorta che stavo sorvolando la cima di un albero del nostro Mondo, ho mollato la presa e mi sono lasciata scivolare giù. Non so quanto è durata la caduta perché ho perso i sensi e quando mi sono risvegliata ero circondata da voi. E questo è tutto.”
“Dai, corri, corri, se no cade un’altra volta! – gridava la bambina al maschietto che teneva la corda dell’aquilone – e vedi di non farlo andare a finire sull’isolotto, se no chi ce lo va a riprendere?” “Non ti preoccupare, ché questa volta non cade – rispondeva lui ridendo – e lo faccio volare più in alto di prima …”
E ridendo e scherzando, corsero via trascinandosi dietro l’aquilone rosso e blu che sballonzolava al vento … Disteso su un ramo vicino alla riva del laghetto un camaleonte sonnecchiava ricordando il buon sapore del bocconcino di libellula e
formiche che aveva ingerito poco prima, mentre nel nido costruito sul costone di roccia che s’intravedeva lontano un falco imboccava la sua nidiata con pezzetti di carne strappati dal corpo esanime di un grasso fagiano.