Un viaggio diverso dagli altri, Genazzano 22 Maggio 2012
Un viaggio molto speciale raccontato da uno studente di prima media, alle prese con un’avventura dal grande impatto emotivo che, attraverso il meccanismo del gioco di ruolo, permette di vivere la condizione del migrante nel viaggio di migrazione, mentre degli animatori, per la maggior parte migranti essi stessi, interpretano la società di accoglienza, secondo una efficace inversione di ruolo che suscita profonda empatia per storie di vita difficili ma che scorrono proprio accanto a noi, ogni giorno.
Oggi 22 maggio 2012, ci siamo recati a Genazzano, dove ci aspettavamo di visitare una mostra di disegni e fotografie sulle “Rotte migranti”.
Invece è stata per tutti una sorpresa, si è trattato di un “gioco” interattivo che ci ha permesso di vivere un’interessante esperienza: il viaggio dei migranti, attraverso animazioni, scenografie, video e suoni, affrontando situazioni impreviste, vivendo in prima persona le difficoltà e le cattiverie che gli esseri umani devono subire, tutto ciò grazie ai fantastici animatori che ci hanno guidato.
Rotte Migranti è un viaggio virtuale, un gioco in cui ognuno di noi ha avuto un ruolo. Il gioco consiste nel personificarsi in dei personaggi, le cui storie sono reali: si tratta di Pakistani, Albanesi ed Etiopi che per diverse ragioni lasciano i loro paesi per raggiungere un luogo in cui trovare condizioni migliori……… l’Italia!
E oltre al tremendo viaggio in gommone, organizzato dagli scafisti, è in Italia che questi uomini e donne, virtuali ma che rappresentano la realtà di migliaia di esseri umani, incontrano i personaggi dai quali dipenderà il loro futuro: poliziotti e sfruttatori di ogni genere.
Io facevo parte del gruppo dell’Etiopia. Ci hanno dato una carta d’identità e un foglio dove c’era scritta la storia del personaggio che ci toccava interpretare. Ognuno di noi, quindi era diventato improvvisamente un immigrato. Il mio nome era Argaw, un uomo etiope di 37anni, che abitava in Addis Abeba ed era professore di economia all’università della sua città. Voleva scappare perché vittima di persecuzioni politiche.
Subito dopo siamo entrati e ci hanno fatto provare ciò che gli immigrati fanno: inizialmente rimangono nascosti in angoli al buio e come vedono un passaggio libero si incominciano a muovere con prudenza verso la barca o gommone, nel nostro caso con il gommone, che li porteranno in un lungo viaggio per il mare in compagnia di uomini non molto simpatici. Come siamo arrivati a riva, i tre gruppi si sono divisi, due gruppi sono riusciti a scappare, mentre il mio gruppo, l’Etiopia, è stata preso all’istante dalla polizia e mandato in Questura. Come siamo arrivati alla Questura ci hanno interrogato (questo succede sempre in Italia agli immigrati), ci hanno chiesto i nomi, da dove veniamo e perché siamo venuti in Italia. Ci hanno detto di aspettare sei mesi per l’esilio e tre mesi per avere la risposta sul permesso di rimanere in Italia. Tutti noi abbiamo avuto la licenza di rifugiato. Come siamo usciti dalla Questura abbiamo trovato un signore che ci ha offerto un lavoro come lava vetri ai semafori, venditori di borse e fiori, prostituzione, e con una casa piccolissima da dividere in sei e del nostro stipendio il 90% lo dovevamo dare al signore, e il 10 % rimaneva a noi.
Alla fine siamo usciti dalla sceneggiatura e ci hanno chiesto di fare un disegno o scrivere una frase da inviare alle persone che veramente hanno vissuto questi momenti con le sensazioni che abbiamo provato. Molti hanno detto di aver provato disagio, tristezza, rabbia, ecc.. Io l’ho trovata davvero entusiasmante e molto toccante. Certo, non tutti abbiamo provato le stesse cose, ma per la maggior parte dentro di noi è accaduto qualcosa. Molti hanno provato angoscia, tristezza, hanno aperto gli occhi e hanno espresso il desiderio di poter fare qualcosa per queste persone.
ALESSANDRO BUONANNO – I G della Scuola media Corrado Melone di Ladispoli (RM)
ps. a noi il racconto ha fatto venire in mente una memorabile inchiesta di Fabrizio Gatti, pubblicata sull’Espresso il 7 ottobre del 2005. Grazie alla rete possiamo (ri)leggerla per riflettere sulla strada fatta in questi anni in tema di accoglienza e civiltà.